Ancora sulla perduta innocenza del web

Non è tutto buono ciò che è web
(è giusto e doveroso ammetterlo anche contro il nostro interesse)

Dopo i nuovi 121 disillusi “Clue”, pubblicati qualche mese fa da David Weinberger e Doc Searls (autori del famosissimo Cluetrain Manifesto di 15 anni fa), torniamo sull’argomento, in particolare dopo l’uscita in Italia di “Le menzogne del web” di Charles Seife edito da Bollati Boringhieri nel luglio 2015.

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L’autore, docente di giornalismo alla New York University, disegna uno spaccato crudo ma molto realistico e della cui veridicità, credo, ci siamo già resi consapevoli in molti. Il web sta imponendo al giornalismo nuovi tempi e nuove regole che compromettono la qualità letteraria, qualità che sta evaporando sempre più nella direzione di una spersonalizzazione linguistica resa necessaria dagli obiettivi SEO (ed è una riflessione da compiere).

Il cosiddetto “metodo AOL”, apparso nel 2011, che fece inorridire i giornalisti più attenti alla bella prosa, ma non solo, sostiene infatti, come peraltro noto a chiunque scriva in chiave SEO, che il primo obiettivo non è la bellezza e la serietà della scrittura, ma è dato puramente dal volume di traffico che un testo riuscirà a generare, pertanto dal “valore” che ne conseguirà.

Quindi, chiaramente, è necessario identificare gli argomenti più attuali e capaci di creare volume di ricerca, infilare tutte le parole chiave nel testo, ripeterle accuratamente e …via! L’articolo è presto fatto.

E’ giusto però operare un distinguo. Probabilmente così non leggeremo più i grandi pezzi di giornalismo di Truman Capote, di Montanelli, di Biagi, di Oriana Fallaci… Questo tipo di scrittura rischia di morire, o di ammalarsi gravemente, insieme alla carta stampata.

Se leggiamo la copia cartacea di un giornale ed il suo parallelo web purtroppo ce ne accorgiamo subito, non solo per la quantità di refusi ed erroracci che sempre proliferano….

Però…. nel nostro mondo di professionisti delle PR e dell’ Ufficio Stampa B2B è abbastanza diverso perché chiaramente il lettore non cerca assolutamente la bella prosa ma un’informazione tecnica esauriente, rapida e funzionale al proprio lavoro. Per cui, sotto questo profilo, mi sento di difendere certamente la dinamica SEO e il metodo AOL, davvero indispensabili nelle Press online e nella stesura di contenuti per i siti web.

Una considerazione differente merita invece l’aspetto del tempo necessario ad un buon giornalista per verificare le fonti e scrivere un testo attendibile. Un tempo, si sa, un giornalista per confezionare un pezzo, non poteva fare copia e incolla come, invece, è possibile oggi con grande facilità sul web.

Cercava degli influencer, li chiamava e li intervistava, idem con le persone informate dei fatti, confrontava, rifletteva, rielaborava e scriveva.

Così un testo, per quanto si potesse essere veloci, richiedeva comunque un po’ di tempo anche perché i soggetti da coinvolgere non sempre erano ovviamente lì pronti e disponibili.

Il copia e incolla oggi è invece diffusissimo, anche un po’ truffaldinamente, ma la colpa non è certo del web in sé e per sé ma delle logiche editoriali al risparmio che impongono tempi minimi e richiedono sempre meno qualità del prodotto finale.

Anche in questo caso, il nostro mondo tecnico B2B, che per decenni ha vissuto nel complesso d’inferiorità facendo sentire i propri giornalisti come figli di un Dio minore si sta prendendo un bella rivincita.

Il giornalista specializzato in editoria tecnica non può raccontare alle aziende che leggeranno di asini che volano ma deve cercare con accuratezza le fonti tecniche e scientifiche, confrontare, intervistare i responsabili tecnici ecc….
Le bufale non reggono in quanto i lettori sono tecnici esperti e preparati.

Infine la cadenza mensile delle riviste (ma anche l’aggiornamento dei portali necessariamente non può essere quotidiano) certamente aiuta nel realizzare un prodotto con molta più calma quindi più ponderato e approfondito.
Ed ora una parentesi culturale su Wikipedia sempre secondo l’analisi di Seife.

Un tempo quando si cercavano informazioni su qualche argomento si consultava l’Enciclopedia Treccani o la Britannica, in mancanza di esse si finiva su qualche dizionario enciclopedico mentre oggi immancabilmente si va su Google e da lì si finisce su Wikipedia.

Wikipedia è, per sua stessa definizione, un’enciclopedia libera (e qui sta il suo lato innovativo universalmente apprezzato) alla quale tutti possiamo contribuire. Questa capacità di scrittura orizzontale ha effettivamente trasformato molte cose.

Però “ogni singola parola di Wikipedia rischia di essere cambiata in qualsiasi momento” da un contributore che modifica, riscrive, integra, taglia….”dando a qualsiasi individuo il potere di influenzare la percezione della realtà di un numero enorme di persone. E’ questa la forza di Wikipedia – e anche la sua debolezza” commenta Seife.

I contributori di Wikipedia infatti non sono assolutamente degli esperti di prestigio mondiale in ogni singola materia, è questo è il problema, ma dei semplici “volontari” con del tempo da dedicare.

Così il web, con il suo DNA aperto ed egualitario, può involontariamente ospitare delle volontarie alterazioni storico/scientifiche.

Il giornalismo, come ricorda ancora Seife, è la prima bozza della storia.

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