Contrattare all’interno della fabbrica intelligente –
Il 2016 sarà l’anno del decentramento negoziale

di Giuseppe Berta, tratto da “Bella Factory Focus” n.2 (Aprile 2016, pag.19)

decentramento

 

Il 2016 sarà un anno importante per le prospettive dello sviluppo della contrattazione decentrata. Nel senso che negli passati se ne è parlato molto, ma alla prova dei fatti il decentramento contrattuale non ha compiuto passi avanti. È rimasto confinato nel limbo delle buone intenzioni che stentano a tradursi in realtà. Adesso si vedrà finalmente se ci sono possibilità effettive che si produca una svolta nelle relazioni industriali. Essa dipende in buona misura dall’efficacia dell’interazione che si stabilirà fra le rappresentanze delle imprese e dei lavoratori e il governo.

L’esecutivo ha annunciato la sua intenzione di definire una cornice legislativa atta a premiare il rapporto tra lo sviluppo della produttività e della performance a livello aziendale e la dinamica retributiva, garantendo i necessari sgravi fiscali ai risultati che verranno stabiliti per via negoziale dalle imprese.

A quanto è dato comprendere dai primi annunci, si tratterà di misure abbastanza estese, orientate a incentivare non solo i premi di risultato in senso stretto, ma anche la loro traduzione in strumenti di welfare e l’adozione di procedure partecipative sul luogo di lavoro.

Questa cornice legislativa è evidentemente una conditio sine qua non in direzione del cambiamento del sistema di relazioni industriali. Ma da sola non è sufficiente, se non si coniugherà anche a un nuovo approccio delle rappresentanze degli interessi, che hanno la necessità di reagire ai segni sempre più accentuati di crisi da cui sono incalzate. E una reazione positiva implica la capacità di rimodulare approcci e strumenti della contrattazione collettiva, rendendoli in grado di corrispondere, da un lato, al mutamento nella struttura e nelle articolazioni delle imprese e, dall’altro, ai cambiamenti in atto nel mondo del lavoro e nelle sue segmentazioni.

Il documento sul rinnovamento della politica contrattuale presentato da Federmeccanica nel dicembre dell’anno scorso costituisce la mossa più decisa in questa direzione perché ha spostato l’asse della negoziazione salariale dal contratto nazionale alla contrattazione aziendale.

Inoltre, Federmeccanica ha aperto su nuovi fronti, come quelli del welfare integrativo e della formazione per i lavoratori, destinati a rafforzare e a caratterizzare la spunta verso il decentramento. La risposta delle tre confederazioni non si è rivelata all’altezza dei problemi, giacché il documento unitario che è stato presentato e che avrebbe dovuto essere la leva dell’innovazione non individua, al di là dei titoli dei molti capitoli che lo strutturano, una direzione di marcia che marchi uno stacco rispetto al passato.

Non a caso, il documento sindacale non è stato in grado di suscitare una vera discussione, con la conseguenza che, dopo la sua presentazione, il dialogo tra le parti si è di fatto interrotto. Nel concreto, ora toccherà al negoziato per il contratto dei metalmeccanici verificare lo stato delle cose. Anche se al momento la situazione è ancora di stallo, non sfuggono alcuni segnali indicativi di un’embrionale revisione di attitudini. Per esempio, traspare l’intenzione della Fiom di rientrare in gioco: il sindacato di Maurizio Landini non può permettersi un ulteriore scivolamento ai margini del processo contrattuale. Sa di dover tornare in campo per legittimare la sua funzione negoziale.

Ma, appunto, un nuovo schema di contrattazione deve prevedere che cambino anche i ruoli dei suoi attori. La questione di ridefinire ruolo e spazio di azione delle rappresentanze sindacali resta uno dei nodi cruciali per imprimere una vera spinta al decentramento negoziale. Rappresentatività, competenze, responsabilità delle rappresentanze sono questioni determinanti per lo sviluppo dell’iniziativa decentrata.

Per il momento, il governo sembra voler lasciare il problema in sospeso, preoccupandosi in primo luogo di creare la cornice normativa e fiscale. Ma è palese che la definizione delle regole della rappresentanza (e dei suoi margini di responsabilità) resta sullo sfondo e non può essere rinviata all’infinito. Sicché è su questo terreno che le parti sociali dovranno tornare, se vorranno dare efficacia al decentramento.

Più in generale, permane un altro problema che non può essere eluso a lungo, un problema di cultura e di formazione. Negoziare all’interno della fabbrica intelligente significa inevitabilmente mobilitare competenze, attitudini e responsabilità che chiamano in causa la formazione dei lavoratori e di chi li rappresenta direttamente sul luogo di produzione. Ciò implica un rilevante investimento, soprattutto in termini organizzativi, in attività formative volte a consolidare gli skills degli uni e degli altri.

Per contare in maniera effettiva, l’azione sindacale non trova dinanzi a sé che una strada: quella dell’investimento formativo delle sue rappresentanze di base, che dovranno animare le esperienze negoziali a livello aziendale. Senza di esso, il margine a disposizione del sindacato sarà costretto a restringersi.

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