Quando eravamo piccoli mamma e papà ci sgridavano se dicevamo le bugie.
Poi, anche per diventare indipendenti, tutti abbiamo imparato a raccontarle, più o meno bene e facendoci talvolta anche “beccare”.
A scuola, successivamente, la bugia diventa quasi una forma d’arte verso gli insegnanti.
Nel lavoro, terminata la scuola, si impara progressivamente a “bluffare”. Nei rapporti personali, parallelamente, alle volte, accade lo stesso.
Il web 2.0 e, soprattutto i social network, ci riportano invece agli insegnamenti di mamma e papà:
ci riconducono alla trasparenza perduta.
Quel valore di autenticità che, crescendo, avevamo dovuto/voluto dimenticare.
Ma il mercato è cambiato.
Oggi è’ inutile dire bugie: possiamo essere smascherati a livello planetario e non accorgercene nemmeno.
Mamma e papà, gli insegnanti…. sono i nostri clienti e dispongono di strumenti potentissimi per farlo.
Ci possono “beccare” quando e come vogliono.
Allora dobbiamo attuare strategie di marketing conversazionale.
Marketing conversazionale
Come evolvono comunicazione e marketing
Il web 2.o, i blog, i social network ecc… offrono un “oceano blu” di possibilità anche nelle filiere business to business… solo se:
pensiamo che l’advertising classico e tradizionale dove tutti dicono che sono i più bravi e i più belli stia perdendo efficacia grazie alla maggiore credibilità del passaparola, il vecchio tam tam, oggi reso esponenzialmente più facile proprio da blog, forum ecc…;
se pensiamo che costruire contenuti di vero interesse (la base del passaparola) possa essere un’arma innovativa e vincente per conquistare una migliore posizione di mercato rispetto ai competitors;
se quindi vogliamo costruire passaparola;
se siamo convinti dell’importanza strategica del mktg relazionale e di quello conversazionale nel terzo millennio;
siamo aperti alle critiche ossia pensiamo che tanto i pareri negativi si diffondono comunque più facilmente e più velocemente di quelli positivi.
Per cui è molto meglio conoscerli e affrontarli il più in fretta possibile ed intervenire cercando di trasformare un problema in un’opportunità di fidelizzazione;
se infine vogliamo dedicare risorse (in outsourcing o interne cambia poco) per esplorare a fondo questa nuova frontiera.
Se invece vogliamo utilizzare le nuove possibilità del web 2.0 come la cara vecchia pubblicità tradizionale dove parliamo solo noi (ovviamente elogiandoci) e il mercato non può intervenire e dialogare… allora è meglio che lasciamo stare subito.
Ricordiamo la celebre frase di P. Kotler: “una notizia è sempre più credibile di una pubblicità”, concetto che visualizza la differenza di valore/credibilità tra un articolo, una case history o altro rispetto ad un ADV tradizionale.
Lo stesso concetto si evolve e amplifica nel web 2.0 grazie alla possibilità di interazione che rappresenta il nuovo elemento “esplosivo”.
E’ meglio imparare a maneggiarlo prima degli altri.
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