C’era una volta un sarto che amava raccontare

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Tra i tanti aneddoti sulla “vecchia Bologna”, la mia città natale, sulle sue storie un po’ fiabesche, sui suoi personaggi particolari, alcuni di spessore storico o artistico, altri meno, ed altri ancora solamente eccentrici, ricordo il racconto di un sarto che aveva bottega nelle vie del centro e che, per motivi che ora non rammento, credo fosse rimasto vedovo, incorse in un periodo della vita nel quale perse buona parte, o quasi tutto, il giro del proprio lavoro.

Così, con ormai troppo pochi clienti, trascorreva molto del tempo fuori dalla porta del negozio, sotto l’immancabile portico bolognese, ad attaccare bottone (era un sarto ma qui è in senso conversazionale) con tutti i passanti parlando delle cose che più lo appassionavano: stoffe pregiate di un tempo lontano che ormai non si trovavano più, tecniche raffinate di cucitura, crine di cavallo e anche ideali caratteristiche dei cavalli, bottoni preziosi che realizzavano solo certi artigiani che stavano nel ferrarese, nel modenese…

Infine di  come i sarti napoletani sapessero costruire la spalla delle giacche in modo mirabile ma quelli bolognesi, ovviamente, la sapessero realizzare ancora meglio…

Chiacchiera e chiacchiera…il sarto aveva poco o nulla lavoro, ma stava diventando, senza saperlo e senza volerlo, molto noto proprio grazie alla sua grande cultura professionale ed all’innata capacità di racconto.

Così, pian piano, la voce si sparse per la città ed erano molte le persone che, incuriosite, si recavano da lui per ascoltarne l’antica competenza ormai perduta da altri colleghi con più clienti ma molto meno sapienti.

E fu così che, man mano, giorno dopo giorno, le persone che avevano ascoltato con estremo interesse le sue “lezioni” sartoriali cominciarono a chiedergli se, magari, avrebbe potuto realizzare un abito per loro con tutte quelle caratteristiche così uniche che avevano reso tanto affascinanti e suggestivi i racconti.

Ed il sarto fu ben lieto di ricominciare a ricevere lavoro e si mise felice all’opera. La voce si era sparsa così tanto in città, ma anche oltre i confini della vecchia Bologna, che giungevano sempre più persone e, con loro, naturalmente sempre più commesse di lavoro.

Il sarto nel tempo (non saprei quanto perché allora il concetto di tempo era molto differente da oggi) venne giustamente considerato da tutti un’autorità in materia, godette di grande fiducia e tutti gli riconobbero delle competenze non comuni.

Negli anni si trasformò in un’azienda sempre più grande e importante che prospera anche tutt’ora grazie ai suoi, credo, nipoti o bisnipoti.

Perché questo racconto?

Perché il nostro sarto, ora passo a termini attuali ed abbandono la narrazione romanzata,  è un esempio perfetto di content marketing e di storytelling (non sono stati inventati con il web).

Raccontando le sue competenze ha creato una forte differenziazione dalla concorrenza, si è trasformato in un “editore” (anche se in forma solo verbale) ossia non ha messo al primo posto il pensiero della vendita ma ha fornito, a onor del vero per amore del chiacchierare,  contributi di qualità che le persone cercavano. Così ha superato un periodo difficile ed è anzi diventato un marchio premium ben più riconosciuto e ammirato di quanto fosse prima.

Poi era una grande chiacchierone, oggi diremmo appunto storyteller, sapeva affascinare e condurre in un mondo suggestivo di stoffe morbidissime e calde che venivano da paesi lontanissimi, di fodere sgargianti e misteriosissimi segreti.

Trasformarsi in editori è la base del successo del content marketing o strategia dei contenuti, se poi si diventa anche bravi storyteller il successo è assicurato.

Fate come il sarto… in ogni impresa questo patrimonio c’è, basta cercarlo e raccontarlo nella forma giusta.

 

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